In questa pagina abbiamo raccolto alcuni materiali per approfondire il tema “Cibo e Legalità”.
Potrai trovarici alcuni articoli che inquadrano la tematica, alcuni video che dettagliano maggiormente il tema, alcuni rapporti che approfondiscono ulteriormente e link per tenere monitorato il fenomeno.
Articoli
Cibo e legalità nel rapporto Ecomafie 2014 di Legambiente
Il Made in Italy del cibo è sempre più impregnato di mafia. Dai ristoranti ai bar, dalle carni ai latticini: il giro di affari illegale nell’agrolimentare in Italia nel 2014 ha superato i 4 miliardi di euro, otto volte tanto la cifra del 2013, che oscillava intorno ai 500 milioni di euro. Un’impennata dell’800%, in un solo anno, che parla dei soli casi noti, vale a dire delle infrazioni penali accertate. In mezzo c’è sia la piccola imprenditoria truffaldina sia la mafia che ha allungato i suoi tentacoli un po’ ovunque, in particolare sulla ristorazione. Trenta i clan censiti: dai Gambino ai Casalesi, dai Mallardo alla mafia di Matteo Messina Denaro, dai Morabito ai Rinzivillo.
Un’epidemia mafiosa raccontata da Legambiente nel Rapporto Ecomafia 2015. Si parla di circa 8mila infrazioni penali accertate nel 2014, il corrispettivo di 21 reati al giorno, circa 15mila denunce e 126 arresti, con il sequestro di beni per un valore stimato di oltre 3,6 miliardi di euro; cifra che schizza a più di 4,3 miliardi se si aggiungono anche il valore delle strutture e dei beni sequestrati, il valore delle sanzioni e i contributi illeciti percepiti.
L’ambito che più si presta a diventare casa per la mafia è appunto la ristorazione: ristoranti, alberghi, pizzerie, bar come lavatrici di denaro sporco. A questo si aggiunge la piccola imprenditoria che colleziona contraffazioni, adulterazioni, sofisticazioni e truffe, che colpiscono soprattutto i marchi a denominazione protetta. In particolare i prodotti ittici, dove si contano circa 6mila reati e il sequestro di prodotti per un ammontare superiore ai 31,6 milioni di euro. Quasi mille poi le strutture chiuse e sequestrate e più di 291 milioni i capi e le confezioni sequestrate. Aumenta poi l’illegalità per quanto riguarda le “frodi all’Unione Europea”, con il numero di infrazioni penali che sale a quota 65 (l’anno prima erano state 28), accompagnate da ben 3mila denunce dovute anche all’intensificazione dei controlli nel 2014 da parte degli inquirenti. Il più alto numero di infrazioni tuttavia è stato riscontrato nel campo delle carni e degli allevamenti (761 denunce), seguito dalla ristorazione (751), latte e derivati (447), farine, pane e pasta (393).
Si tratta di una vera e propria aggressione al Made in Italy gastronomico” di fronte alla quale abbiamo il dovere di impegnarci per liberare il cibo dalla presa criminale e dal malaffare. Le organizzazioni criminali sono tornate forti e sono tornate alla terra. E spesso a pagare siamo noi, in termini di salute, ma anche di denaro, perché in molti casi sono colletti bianchi a determinare il prezzo dei beni di prima necessità, sia a valle che a monte delle filiere.
Le mafie controllano 5000 ristoranti
Sono almeno cinquemila i locali della ristorazione del nostro Paese nelle mani della criminalità organizzata che approfitta della crisi economica per penetrare in modo sempre più massiccio e capillare nell’economia legale
Sono almeno cinquemila i locali della ristorazione del nostro Paese nelle mani della criminalita’ organizzata che approfitta della crisi economica per penetrare in modo sempre piu’ massiccio e capillare nell’economia legale. E’ quanto afferma la Coldiretti in relazione al blitz della Direzione investigativa antimafia con il sequestro del ristorante “Il baroccio” nel centro della Capitale di proprieta’ dello stesso imprenditore a cui nel marzo scorso erano stati sequestrati altri due ristoranti vicini, “Il faciolaro” e “La rotonda” nella zona Pantheon. Acquisendo e gestendo direttamente o indirettamente gli esercizi ristorativi le organizzazioni criminali hanno la possibilita’ di rispondere facilmente ad una delle necessita’ piu’ pressanti: riciclare il denaro frutto delle attivita’ illecite come e’ emerso dal terzo Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes, e Osservatorio sulla criminalita’ nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Il volume d’affari complessivo dell’agromafia e’ salito – rileva la Coldiretti – a 15,4 miliardi di euro, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese.
L’agroalimentare e’ divenuto una delle aree prioritarie di investimento della malavita che ne comprende la strategicita’ in tempo di crisi perche’ – precisa la Coldiretti – consente di infiltrarsi in modo capillare nella societa’ civile e condizionare la via quotidiana della persone. Le attivita’ ristorative – osserva la Coldiretti -sono dunque molto spesso tra gli schermi “legali” dietro i quali si cela un’espansione mafiosa sempre piu’ aggressiva e sempre piu’ integrata nell’economia regolare. Grazie ad una collaudata politica della mimetizzazione, le organizzazioni riescono a tutelare i patrimoni finanziari accumulati con le attivita’ illecite muovendosi ormai come articolate holding finanziarie, all’interno delle quali gli esercizi ristorativi rappresentano efficienti coperture, con una facciata di legalita’ dietro la quale e’ difficile risalire ai veri proprietari ed all’origine dei capitali. Le operazioni delle Forze dell’ordine – conclude la Coldiretti – svelano gli interessi delle organizzazioni criminali nel settore agroalimentare ed in modo specifico nella ristorazione nelle sue diverse forme, dai franchising ai locali esclusivi, da bar e trattorie ai ristoranti di lusso e aperibar alla moda.
Sole24ore – I tentacoli della mafia sull’agroalimentare made in Italy
All’inizio fu il pizzo. Poi il traffico di droga, gli appalti e il business dei rifiuti. La criminalità organizzata è riuscita nel tempo a consolidare il proprio status di grande holding finanziaria, in grado di operare su tutto il territorio nazionale e in quasi tutti i settori economici e finanziari dell’Italia. E oggi anche nell’agroalimentare dove la “Mafia spa” fa affari d’oro: secondo il primo rapporto Eurispes-Coldiretti, infatti, il crimine agroalimentare nel 2009 ha fatturato 12,5 miliardi, di cui il 70% (3,7 miliardi) reinvestiti in attività illecite.
In molti campi i tentacoli della malavita organizzata
Sono molteplici i campi dove si allungano i tentacoli della malavita organizzata: i comuni furti di attrezzature e mezzi agricoli, l’abigeato, le macellazioni clandestine, il danneggiamento delle colture, ma anche usura, racket estorsivo, abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe ai danni dell’Unione europea. «Così – denuncia il rapporto – la mafia riconsolida il proprio ruolo di industria della protezione-estorsione che l’aveva caratterizzata fin dalle origini assumendo di fatto il controllo politico ed economico dell’impresa e dell’imprenditore».
Si condiziona l’intera filiera agroalimentare tramite un sistema di imprese affiliate alla mafia
Come ha sottolineato la Direzione investigativa antimafia, attraverso il sistema di imprese affiliate o collegate l’azienda mafia è in grado di condizionare e di controllare l’intera filiera agroalimentare «dalla produzione agricola all’arrivo della merce nei porti, dai mercati all’ingrosso alla grande distribuzione, dal confezionamento alla commercializzazione». Con il risultato di condizionare, al rialzo, i prezzi. «Agli agricoltori – spiega il procuratore antimafia Piero Grasso – un cocomero viene comprato a 10 centesimi al chilo. Poi, attraverso un monopolio di trasformatori e distributori in mano alla criminalità viene rivenduto a 1,10 euro/kg e nelle ricche aree del Nord anche 2 euro/kg». Una prima risposta, secondo Grasso, in grado di arginare il potere crescente delle cosche è di arginare le intermediazioni accorciando la filiera. Ma non solo. «Serve – sostiene Grasso – un maggior coordinamento tra tutti gli organismi di controllo e un impegno della politica per favorire i controlli del mercato ed evitare le sofisticazioni».
‘Ndrangheta proiettata sempre più fuori dai confini d’origine
La presenza dell’agromafia spicca naturalmente nelle regioni meridionali. La ‘ndrangheta, in particolare, seppure sempre più proiettata fuori dai confini d’origine, non abbandona mai il controllo sociale ed economico del territorio calabrese, rivendicando il proprio dominio sulle attività agricole e sulla pastorizia e intensificando le frodi ai danni della Ue (si pensi al fenomeno delle cosiddette «arance di carta»).
In Campania l’agromafia si intreccia allo smaltimento illegale dei rifiuti
In Campania, i clan della camorra investono i capitali illeciti acquistando aziende agrarie, vasti appezzamenti di terreno e diversi caseifici: il fenomeno s’intreccia con altre tipologie di reato proprie dei clan, lo smaltimento illegale dei rifiuti e il conseguente inquinamento dei terreni e delle falde acquifere.
L’agrocrimine penetra anche in Umbria
La Dia segnala il coinvolgimento delle cosche mafiose nella gestione degli affari del mercato ortofrutticolo di Fondi, in provincia di Latina, ma indagini più recenti confermano penetrazioni dell’agrocrimine camorrista in altre regioni, come l’Umbria. In Sicilia, il filo nero delle agromafie governa le principali direttrici del commercio dell’ortofrutta, attraverso i poli di Vittoria e Fondi, fino a raggiungere la potente area commerciale milanese. «Cosa nostra – sostiene il rapporto – si garantirebbe l’esclusiva di decidere il prezzo di vendita delle merci, sostituendosi arbitrariamente alle imprese produttrici che vedono gradualmente immiserirsi i propri ricavi».
Molteplici i danni al sistema sociale ed economico
Insomma, una situazione insostenibile che chiede un’immediata presa di coscienza da parte delle istituzioni. Anche perché i danni al sistema sociale ed economico, denunciano gli autori dello studio, «sono molteplici, dal pericolo per la salute dei consumatori all’alterazione del regolare andamento del mercato e rischiano di essere irreversibili».
Rapporti Agromafie
Informazioni sul IV Rapporto | ||
Video
A questo link puoi vedere i video di un convegno sulle agromafie